Il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio non può essere l’unico parametro di riferimento da valutarsi nella quantificazione dell’assegno di mantenimento a favore del coniuge più debole.
Investita della questione di costituzionalità ritenuta non manifestamente infondata da parte del Tribunale di Firenze, riguardante la legittimità costituzionale dell’articolo 5, 6° comma, della legge 898/70 come modificato dall’articolo 10 della legge 74/87, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 11 del 09/02/2015, non ha ritenuto fondata la questione.
È vero che l’assegno di mantenimento deve necessariamente garantire al coniuge economicamente più debole il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio ma tale disposizione va interpretata alla luce del diritto vivente, così come applicato nel corso del tempo.
La Corte ricorda l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione secondo il quale il parametro del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio rileva, bensì, per determinare in astratto … il tetto massimo della misura dell’assegno ma, in concreto, quel parametro concorre, e va poi bilanciato, caso per caso, con gli altri criteri quali la condizione e il reddito dei coniugi, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla formazione del patrimonio comune, la durata del matrimonio, le ragioni della decisione.
La somma algebrica di tali fattori possono portare ad eguagliare, diminuire e persino azzerare l’assegno di mantenimento (Corte di cassazione, prima sezione civile, sentenze 5 febbraio 2014, n. 2546; 28 ottobre 2013, n. 24252; 21 ottobre 2013, n. 23797; 12 luglio 2007, n. 15611; 22 agosto 2006, n. 18241).
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