Sono a tutti noti i tempi biblici della giustizia italiana, tempi inaccettabili, certamente non degni di un Paese civile e moderno.
Segnalando la scarsa efficienza del sistema giudiziario italiano e le conseguenti lentezze procedurali, la Commissione europea ha raccomandato di abbattere l’arretrato, modernizzare il sistema giudiziario, digitalizzare ulteriormente il processo, realizzare nuove assunzioni di personale al fine di migliorare l’equità, l’efficienza, la competitività e il clima economico del Paese, migliorando i tempi del processo.
Rivestendo un ruolo importante e trasversale in tutto il PNRR, con la previsione di ridurre del 40% in cinque anni la durata dei processi civili e del 25% dei processi penali, con impegni analoghi per i processi ammnistrativi, in tutta fretta, individuate tre linee di intervento, è stata partorita l’ennesima riforma della Giustizia.
Con toni trionfalistici, il governo comunicava, già nel 2021 e successivamente nel 2022, che erano stati rispettati gli impegni del PNRR per il settore della Giustizia, mediante diversi interventi legislativi:
Legge delega del processo civile, per semplificare la procedura e incoraggiare anche le cosiddette forme alternative di risoluzione delle controversie attraverso strumenti quali la mediazione, la negoziazione assistita e gli arbitrati.
Legge delega di riforma del processo penale, prevedendo e favorendo forme alternative di sanzione rispetto al carcere, introducendo anche la novità del capitolo della giustizia riparativa.
Riforma delle leggi sulla crisi di impresa, per intercettare i segnali di crisi in modo da intervenire senza arrivare alla bancarotta e al fallimento.
Riforma del Consiglio Superiore della Magistratura e dell’ordinamento giudiziario, con misure dirette a migliorare l’efficienza degli uffici giudiziari, garantire la magistratura da condizionamenti, adeguare l’ordinamento giudiziario militare, prevedendo disposizioni in materia ordinamentale, organizzativa e disciplinare, di eleggibilità e ricollocamento in ruolo dei magistrati e di costituzione e funzionamento del Consiglio superiore della magistratura. Una legge molto contestata dalla magistratura che, per opporvisi, è anche scesa in sciopero senza ottenere alcuna modifica.
Decreti legislativi di attuazione del processo civile e penale.
Riforma della giustizia tributaria, l. 31 agosto 2022, n. 130, recante disposizioni in materia di giustizia e di processo tributario, per innovare la giustizia tributaria sotto il profilo ordinamentale e processuale, prevedendo un corpo di giudici professionisti dedicati soltanto a questo.
Riforma delle leggi sulla crisi di impresa – legge fallimentare, per intercettare precocemente i segnali di crisi e poter rimediare senza arrivare alla bancarotta e al fallimento.
È stato anche previsto un forte impulso alla digitalizzazione e un ambizioso piano di assunzioni.
Con grande sconcerto della categoria forense, la Legge di Bilancio approvata in via definitiva in data 29 dicembre, ha modificato l’art. 35 del D.Lgs. n. 149/2022 (Riforma Cartabia) anticipando l’entrata in vigore delle nuove norme sul processo civile di primo grado e di appello alle cause che introdotte a partire dal 1° marzo 2023 e non più dal 1° luglio 2023, come originariamente previsto.
Da ieri, quindi, I marzo 2023, è entrato pienamente in vigore l’intervento del Governo conosciuto come ‘riforma Cartabia’ che sarebbe meglio definibile con ‘riforma Bonafede-Cartabia’ essendo emendativo rispetto al d.d.l. AC 2435, c.d. ‘riforma Bonafede’.
Certamente positiva è la parte della riforma che si prefigge di modernizzare, digitalizzare il processo, realizzare nuove assunzioni di personale ma tale riforma presenta molte e importanti criticità evidenziate da esponenti di rilievo dell’attuale maggioranza, da magistrati, presidenti di tribunali, avvocati.
Ad esempio, l’esigenza della querela di parte per incominciare un processo in presenza di un reato anche di una certa gravità che preveda persino il carcere. Se la vittima non firma la denuncia, per timore di ricatti o per altre ragioni, il processo va cancellato!
A tal proposito, Paolo Luca, procuratore di Belluno: «Nei mesi scorsi ho invitato i miei sostituti a sollecitare le querele delle parti offese, altrimenti a Belluno sono centinaia di fascicoli che potrebbero rivelarsi improcedibili.
Lo stesso Carlo Nordio, ministro della Giustizia, sulla presuna impunità, ha manifestato la sua volontà a turare alcune falle mediante un decreto immediate: «Servono interventi urgenti, anche di carattere normativo, dopo la recentissima segnalazione di talune criticità». Aggiungendo però: «Senza stravolgere l’impianto della riforma».
Tale decisione è stata condivisa dai magistrati. Antonio Balsamo, presidente del tribunale di Palermo: «Questo intervento efficace e tempestivo può produrre effetti estremamente positivi sul piano della funzionalità della riforma del sistema penale e, soprattutto, della fiducia dei cittadini nei confronti di tutte le istituzioni dello Stato».
Le criticità che presenta la riforma Cartabia sono state insistentemente segnalate dalla stessa Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera: «Più volte, in occasioni pubbliche, ho fatto presente che una serie di interventi del ministro Cartabia avrebbero potuto avere quegli effetti che adesso si sono verificati. Tutto quello che ora sta succedendo era stato indicato da me come possibile conseguenza».
Il procuratore di Belluno, Paolo Luca, avverte: «Nei mesi scorsi ho invitato i miei sostituti a sollecitare le querele delle parti offese, altrimenti a Belluno sono centinaia di fascicoli che potrebbero rivelarsi improcedibili».
Lo stesso procuratore mette in rilievo un altro punto debole della riforma, ovvero la pretesa di prestazioni performanti senza tenere in conto la mancanza di personale: «È un lavoro che passa attraverso le segreterie dei pubblici ministeri ma a complicare tutto c’è la cronica carenza di personale: su ventisei dipendenti amministrativi previsti dalla pianta organica, ne abbiamo appena sedici. La riforma Cartabia ci chiede, comprensibilmente, prestazioni performanti, ma se alla macchina della giustizia manca il carburante, diventa difficile ottenere i risultati prefissati».
È appena il caso di ricordare che persino l’art. 42 dello Statuto Albertino, risalente al 1848, definiva la proprietà privata sacra e inviolabile: “La proprietà privata è sacra, inviolabile, intangibile e solo in casi rarissimi ed eccezionali può essere sacrificata”.
Nella cosiddetta riforma, una tale enunciazione appare come un pio desiderio sognato dalla fatamorgana.
Sul punto, Vittorio Zappalotorto è decisamente contrariato: «Il tema è che ormai la proprietà privata non è più un bene da tutelare e a meno che non accada anche altro, il furto in quanto tale resta impunito. Non si riesce a perseguire più nessuno. Per questo dico che andrebbe rivista tutta la legislazione penale. Il fatto dell’impunità in assenza di denuncia è una brutta deriva che ha preso la legislazione penale a causa della politica. E va in direzione opposta a quello che domandano i cittadini: almeno a casa propria, si chiedono tutele mentre la situazione fuori, lungo le strade, è ritenuta essere fuori controllo, dove succede di tutto. Ripeto: è una brutta deriva che può portare a pericolose conseguenze: legittima le persone a farsi giustizia da sé e questi estremi sono pericolosi. Per questa ragione andrebbe riformata».
Dai commenti riportati, si evince che la riforma, entrata in funzione ieri, dovrà già essere rivista almeno in alcune delle sue parti!
Poichè qui interessa sintetizzare le principali modifiche contenute nella Riforma Cartabia in materia di famiglia, ambito . Per una conoscenza più approfondita della riforma Cartabia nei diversi ambiti, rimando agli interventi di magistrati, avvocati, docenti universitari, notai del Centro Studi Rosario Livatino