Pensione di reversibilità

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Il diritto alla pensione di reversibilità è un autonomo diritto di natura previdenziale, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello in cui si è verificato il decesso del pensionato.

Tale diritto spetta: al coniuge superstite anche separato, divorziato, se titolare di assegno divorzile; ai figli naturali, adottivi e affiliati se minorenni o inabili o studenti entro il 21° anno di età o 26° se universitari e a carico; ai nipoti a carico del pensionato alla sua morte; a genitori; fratelli; sorelle.

Il governo Renzi tentò di toccare la pensione di reversibilità mediante un disegno di legge delega del Governo che l’avrebbe considerata prestazione assistenziale e non più previdenziale. Legando l’accesso alla pensione di reversibilità all’Isee, quindi al reddito familiare, ci sarebbe stata una drastica riduzione del numero dei beneficiari essendo l’asticella dell’Isee molto bassa.
Se il governo non avesse fatto marcia indietro, la beneficiaria, ad esempio, convivente con un figlio che percepisce un piccolo reddito da lavoro o che condivide la casa con un’amica vedova titolare di pensione o che vive nella dimora coniugale, avrebbe perso il diritto alla pensione.

Anche l’ex coniuge, al pari del coniuge non separato, ha diritto alla pensione di reversibilità, a condizione che: non vi sia stato il passaggio a nuove nozze; sia titolare dell’assegno ai sensi dell’art.5; il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza di divorzio.

Al coniuge divorziato superstite, spetta la pensione di reversibilità e le indennità previste per il coniuge deceduto.

Se oltre all’ex coniuge il pensionato ha lasciato anche un coniuge superstite, a entrambi, se in possesso dei requisiti richiesti dalla legge, viene riconosciuto un autonomo diritto alla pensione di reversibilità (v. art. 9 secondo comma “in caso di morte dell’ex coniuge ed in assenza di un coniuge superstite, avente i requisiti per la pensione di reversibilità, ha diritto, se non passato a nuove nozze e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’art.5, alla pensione di reversibilità, sempre che il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza”.

La Cassazione, con sent. n.17248 del 28 luglio 2006, ha affermato che “La ripartizione della pensione di reversibilità tra ex coniuge e coniuge superstite deve essere determinata in relazione alla situazione esistente al momento del decesso al quale è collegato il beneficio previdenziale, e non può tener conto di fatti sopravvenuti, atteso che l’art.9, comma 3, l. n.898/1970, e successive modifiche, diversamente da quanto previsto dal comma 1, stesso articolo, non contempla la possibilità di revisione della effettuata ripartizione della pensione di reversibilità in relazione alla sopravvenienza di giustificati motivi.”.

Al coniuge, nel caso sia l’unico beneficiario, spetta il 60% della pensione.
Se l’unico beneficiario è un solo figlio, l’importo è del 70% e sale all’80% se gli aventi diritto sono il coniuge e un figlio o due figli senza coniuge.

Qualora il diritto spetti al coniuge e due figli o tre o più figli, la soglia sale al 100%. Inoltre, se i superstiti possiedono altri redditi, la somma di denaro erogata subisce, a seconda dell’importo di questi, una decurtazione.
La casistica, ovviamente, non si esaurisce con le ipotesi trattate.

Ulteriori informazioni si possono reperire sul sito dell’INPS . https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=50605